Come evitare la degradazione dell'olio diatermico

L’olio diatermico è un termovettore. Grazie all’elevata temperatura di ebollizione a pressione atmosferica e al suo basso punto di congelamento è usato in moltissimi impianti industriali. Il suo range di temperature va da -115°C a 400°C. Per quanto abbia un’eccellente stabilità termica, è fondamentale utilizzarlo nella maniera corretta. Caratteristiche dell’impianto di circolazione, velocità e gestione della temperatura sono tutti fattori che possono accelerare la degradazione dell’olio diatermico. Infatti, la durata di esercizio di un buon olio diatermico può arrivare fino a 3-4 anni, a patto però che sia impiegato nel modo giusto.

Vediamo dunque insieme quali sono i pericoli e le tipologie di degradazione dell’olio diatermico e scopriamo come possiamo evitarle mettendo in pratica consigli mirati, semplici ed efficaci.

Olio diatermico: tipi di degradazione

L’olio diatermico con gli anni va già di per sé incontro a un naturale processo di degradazione. Trattarlo nel modo corretto significa evitare l’accelerazione di questo processo e assicurarsi che l’olio possa completare un ciclo vitale più lungo possibile. Esistono due tipi di degradazione a cui può essere soggetto in generale un olio: dielettrica e termica.

  • La degradazione dielettrica è causata da contaminanti fisici come acqua, particelle, gas esterni che “inquinano” l’olio diatermico. La sua conseguenza è la riduzione della tensione di scarica e l’aumento della conduttività. Per contrastarla è sufficiente assicurarsi di avere un impianto di tubature ben fatto, senza sfiati non controllati.
  • La degradazione termica è invece correlata alla gestione delle temperature dell’olio durante tutto il processo di utilizzo. Essa comincia quando un eccesso di energia termica causa la rottura dei legami covalenti carbonio-carbonio e carbonio-idrogeno. Questo processo è anche chiamato cracking.

Quando un olio diatermico è soggetto a cracking, crea dei depositi di carbone all’interno delle pompe di circolazione e dei tubi. Questi depositi ostruiscono il sistema e risultano abrasivi nei confronti delle guarnizioni. Se l’olio diatermico scorre in un impianto con riscaldatori elettrici, i residui di carbone si insinuano fin dentro la bobina. Questo crea uno stato isolante che, per essere superato, necessiterà più calore.

Insomma, il cracking va assolutamente evitato per permettere all’olio di vivere più a lungo. La causa principale che innesca la degradazione termica è lo shock termico: un cambiamento repentino delle temperature avvia il processo di cracking delle molecole.

Olio diatermico: manutenzione

Come possiamo evitare la degradazione dielettrica e termica dell’olio diatermico?

  • Il primo consiglio è molto semplice: scegliere un olio di buona qualità. Essendo un fluido termovettore, che trasporta quindi calore, bisogna scegliere un prodotto con un’ottima stabilità termica. Più è alta, più l’olio diatermico sarà resistente agli shock termici.
  • Il secondo consiglio per evitare la degradazione dell’olio è legato all’attivazione dell’impianto. Questo è un momento molto delicato perché si parte da una condizione relativamente fredda, per arrivare a temperature spesso altissime. Per evitare stress termici, bisogna partire con un aumento lento e graduale, che porti con calma l’olio diatermico a temperatura. Allo stesso modo, quando l’impianto viene spento l’olio va mantenuto in circolazione almeno fino a quando non raggiunge i 200°C.
  • Il terzo e ultimo consiglio per preservare al meglio l’olio diatermico è la procedura dello sfiatamento. In breve, si tratta di un processo di manutenzione che punta a disperdere i gas prodotti dal cracking. Quando viene fatta, il sistema va poi integrato con nuovo olio diatermico. In questa fase va prestata molta attenzione al versamento: esso può avvenire solo attraverso il serbatoio di espansione e mai direttamente nelle tubature.

Seguendo questi consigli ed eseguendo la normale manutenzione dell’impianto di circolazione, ci si assicura che l’olio diatermico possa essere sfruttato il più possibile. In questo modo si evitano cambi frequenti del liquido che si traducono in stop di produzione e si aumenta l’efficienza generale dello stabilimento.

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